Due erano i luoghi strategici davanti alla mia scuola, il glorioso liceo classico Di Rudini nella Noto addormentata e bianca, appena chiazzata di suorine e seminaristi, della mia adolescenza.
Uno era una piccola libreria; l’altro, un bar con i neon gialli, e il retro fumoso occupato da biliardini e cabine telefoniche. Se non avevi il coraggio di entrare alla prima ora, spaventato da algebra o greco, ti rifugiavi al bar e facevi calia. Se eri uno studente pendolare infreddolito, alle 8 gironzolavi nella libreria, aperta presto per vendere quaderni e fogli protocollo.
Tutti i giorni partivo da Portopalo, attendevo nel vento bagnato di mare la prima corriera. Com’era forte il vento in quei giorni, e come faceva ad avere dentro tutte le stagioni più una manciata di stelle frantumate, lasciate a terra dai padri salpati nella notte, per salutare i figli addormentati.
Mi svegliavo tutti i giorni alle 5,30, se mio padre non era per mare, mi preparava la colazione. Non bevevo ancora caffè e dormivo nei tragitti delle due corriere che mi portavano a scuola: una attraversava Vendicari all’ora in cui il sole gioca basso in mezzo ai fenicotteri, prima di alzarsi. Avevo quattordici anni.
Nella nostra casa piena di bambini, ogni anno ospitavamo la zia Pippina, da Siracusa: per tutto l’inverno Pippina girava le case dei parenti di mezza Italia e l’ultima tappa era casa nostra. Mia madre stirava in cucina, in forno cuocevano le cose di cui zia Peppina era ghiotta, pollo con le patate e pizze, e sul tavolo un colpo di mano esperta stendeva il mio futuro.
Zia Pippina era una cartomante, aveva mantenuto la famiglia così, girando per le case bene di tutta la Sicilia con il suo mazzo di tarocchi, e leggendo la sorte nel salottino del suo appartamento semibuio vicino al Duomo.
Tu ti senti comu malata…Questo era l’attacco infallibile di ogni lettura di tarocchi e mai ho trovato parole migliori per dire l’attesa confusa che le cose cambino.
In ogni famiglia c’è una vecchia parente della cui bellezza giovanile si favoleggia: la nostra fata antica era la zia Peppina, la cui bellezza giovanile permaneva nelle cure testarde che aveva per la pelle, i radi capelli tinti, per le mani smaltate e inanellate. Usava acqua di rose e cera di cupra, mi chiedeva di massaggiarle le mani con l’olio d’oliva tiepido e di farle vedere tutte le mie ricette di bellezza. Di ricette casalinghe per fabbricarsi in casa maschere, lozioni, impacchi, erano pieni i settimanali: io le ritagliavo e conservavo in una scatola di latta. Usavamo il succo di pomodoro per i punti neri, il miele per far risplendere il viso, sbattevamo due uova con la birra per ammorbidire i capelli. Fammille virriri, mi ordinava la zia Pippina, e io, orgogliosa e cauta, le aprivo il mio tesoro
Sparì. La zia Pippina se ne andò lasciando vuota la scatola di latta, portandosi il mio prezioso cartoccio di ricette di bellezza casalinghe. Fece bene: era il giusto prezzo per tutti i Principi e i Re che mi avevano sorriso dai suoi tarocchi logori.
E certo a lei, incamminata con la sua permanente sfilacciata sulla strada della vecchiaia, quelle ingenue formule magiche, furono più utili che a me.
Non mi arresi alla scomparsa del mio prontuario di bellezza. Ruppi il salvadanaio, contai le quattro lire che conteneva e in una fredda mattina di marzo me ne andai alla libreria davanti al liceo. Puntai il libro che sfogliavo di nascosto e accarezzavo con gli occhi da giorni. Avevo i soldi. Feci così il primo acquisto libresco della mia vita: “ Il mio erbario di salute” , di Maurice Messegue.
Nella ricerca che molti anni dopo ho intrapreso per produrre con la mia firma, Liccamuciula, meravigliose ricette naturali, ci sono le pagine di quel libro, sfogliate così tante volte da impararle a memoria.
Ci sono la resistenza e l’arguzia di quella vecchia zia, con la sua vita precaria e dignitosa, vissuta tra le favole dei tarocchi. E c’è anche la cucina di mia madre, con il miele delle campagne intorno, l’olio d’oliva dei vicini, i pomodori e la frutta dell’estate siciliana, con il loro sapore di gioventù e promessa.
Ecco una delle ricette che zia Pippina portò con se, la sapevo a memoria e la ripeto sempre anche oggi:
Maschera di luce miele e sale
Due cucchiai di buon miele grezzo
Un cucchiaio di Sale marino fine
Un cucchiaino di olio d’oliva extra vergine
Mescolate con cura tutti gli ingredienti in una ciotola, se il composto vi sembra troppo duro, aggiungete olio. Massaggiate il viso umido con movimenti circolari, lasciate in posa 5 minuti e sciacquate.
Variante dei trent’anni
Separate un cucchiaino del composto e aggiungeteci olio di melaleuca, oppure di lavanda o di rosmarino ( 2 gocce)
Usate questo composto corretto per massaggiare le zone lucide, ali del naso, mento, e purificare la pelle, sono oli essenziali che conviene avere sempre in casa come pronto soccorso naturale per la bellezza e la salute
Variante dopo i quarant’anni.
Aggiungete al composto un cucchiaino di olio di mandorle e 3 gocce di olio essenziale di rosa.
Dopo 5 minuti, pulite il viso con un piccolo asciugamani bagnato di acqua calda e strizzato, e ripetete finché la pelle non è perfettamente pulita. Ora potete massaggiare il viso con un mix di oli vegetali, basta mescolare olio di oliva, di mandorle e un’altra goccia di olio di rose. Dopo il massaggio, asciugate l’eccesso d’olio con una velina e fatevi un buon sonno.
Oggi le mie ricette di bellezza le trovate qui: http://bit.ly/BeautyLiccamuciula